domenica 20 giugno 2021

Volevo un taglio semplice.


Non comprendo chi, come me, ascolta musica. 

Sto riflettendo sul fatto che tutto nasce dal sentimento di inadeguatezza, di insoddisfazione, o di vuoto. La musica non può e non deve essere un momento felice. Nasce dall'esigenza di farsi sanguinare gli occhi per offuscare il mondo, per riuscire a perdere il fluido della nostra (in)coscienza e come dei parassiti attaccare le nostre miserie a coloro i quali.

Io vorrei immedesimarmi, nella mia codardia, a chi è riuscito ad esprimersi e poi a spegnersi. Un Seppoku nel cuore, una lama che taglia profondamente l'onore e il rispetto.

La musica è l'espressione del male che non siamo in grado di infliggerci ma che esorcizziamo per ammalare gli altri, cosicché il nostro dolore possa integrarsi nelle vite altrui.

Le melodie sono atti brutali, sono violenze manifeste, sono lacrime e sangue, nonché la speranza che tutto possa finire... male, ma con concitata rapidità.

Dopo tutto questo però, io che non ho nemmeno il coraggio di arrivare tardi a lavoro, posso dire di aver capito il significato di "impostore" come raccontano in SLC punk. 



lunedì 30 marzo 2020

Perché la Ritter sport è quadrata?

Alfred Ritter e consorte un giorno ebbero una bella idea:
"perché non facciamo una tavoletta quadrata, da infilarsi nella tasca, così sportivi, taglialegna e  diabetici cedevoli possono portarsela dietro?"
Ecco, in quel momento nacque la tavoletta 4x4 come la conosciamo ora; che poi, mi dovete spiegare perché mai dovrei portarmi un pezzo di cioccolato in tasca che, se sbaglio stagione e me lo dimentico nei pantaloni durante in sole estivo, sembra che mi sia cagato addosso dalla parte sbagliata.

Ma Alfred questa domanda non se l'era fatta, perché a lui della merda degli altri non interessava, voleva solo vendere il suo prodotto, generare profitto e dividersi gli utili. Sbagliato? Non direi, questo è il pilastro della nostra vita, della nostra società.

Produci, consuma, crepa.

Questa epidemia sta, onestamente, invertendo l'ordine delle cose: crepa se proprio non puoi farne a meno, consuma quello che riesci e poi a produrre ci penseremo un'altra volta.
Non possiamo pensare di sovvertire tutti i nostri paradigmi e idealizzare che da oggi ci importa davvero degli altri, dei meno fortunati, di quelli in difficoltà. Perché se oggi ci battiamo affinché nessuno venga lasciato indietro, dopodomani saremo gli stessi a prenderci a gomitate nei denti per un pezzo di pane.

Nella miseria non ci sono amici, essa ci rende davvero tutti uguali.  
Siamo sempre coloro che fino a tre settimane fa volevano vedere i palazzi delle istituzioni illuminarsi di calore, che volevano le forze dell'ordine in piazza, o meglio come in Piazzale Loreto e che ostentavano il diritto ad avere più diritti.
Noi siamo sempre gli stessi, anche se cambiamo maschera, tanto non ci riconosciamo nemmeno a volto scoperto. Eppure schifiamo ciò che rappresentiamo.
Non siamo liberi di essere trasparenti perché nell'emergenza servono mascherine per contenere le idee e guanti per non lasciare tracce.
Sovvertire l'ordine per ripristinare le gerarchie. 

Produci meno, consuma poco, crepa prima.
Firma anche tu.


mercoledì 8 gennaio 2020

Noi

Noi resusciteremo come i germi piantati in terra e faremo scempio della vostra impudicizia.
Avremo la ragione dalla nostra parte e idee affilate come coltelli per squartare i vostri limiti.
Saremo gli Arditi senza coraggio,
vinceremo la guerra voltando le spalle alla speranza.

Noi tempesta della ragione,
Noi autoritare punte di diamante,
Noi preziosi come gli scarti.

Noi, che non siamo Voi, torneremo a popolare il suolo e scompariremo per lasciarvi soli e sconfitti.
Sarete sempre troppi, non vi sentirete amati abbastanza e soffrirete della vostra abbondanza.

Una litania si perderà tra saliva, veleno e religione. Un colpo di tosse e Noi, germi, torneremo a sbocciare.


lunedì 24 agosto 2015

Quando il tempo sembrava abbastanza.

Ci riscopriamo umani nelle tragedie.
Passo tanto tempo a chiedermi se sia deleterio o meno rivestirsi di un'anaffettività generalizzata ma purtroppo incredibilmente selettiva.
Quello che non sento non vuol dire che non esista, è solo altrove e quando scoppia, il boato è tremendo.

Altrove sa che faccia hai e sa come venire a trovarti.
Altrove non è nessuno, ma ti fa ballare più di tutti.
Altrove sa che non è colpa sua, ma il lavoro è una cosa sacra.

E così (ri)scopro di essere umano e di non essere impermeabile, al massimo antivento.



lunedì 20 aprile 2015

Zapoj!

È che io non mi faccio mai un'idea delle tragedie e degli eventi in generale. O meglio, me la faccio, ma ho paura di riconoscerla e non riconoscere più me stesso.
Io cambio, mi muovo, mi vesto e svesto di mille pensieri. Non posso averne uno - unico - per le tragedie! Ci sono troppe facce che compongono il diamante dell'abominevole: oggi penso, "meno male che son morti", domani invece sarà il dramma dei sentimenti.
Ma come fate voi a parlare? A dire quello che pensate e non pensare di non pensarlo più dopo averlo pensato?
Azione razionale rispetto allo scopo, direbbero gli scafisti.
Azione razionale rispetto al cagare fuori dal vaso, direbbe Weber.
Esistono davvero, quindi, dei tipi ideali di azione catalogabili, tracciabili e definibili empiricamente?
Ha senso essere tanto cattivi, o non ha senso esserlo così poco?

Se avete capito quello che volevo dire, mi fa piacere. Io l'ho compreso bene, ma già non lo riconosco più.


sabato 30 agosto 2014

Ciò per cui una cosa è quel che è.

Io non so niente, per questo posso permettermi di scrivere di tutto.
Siamo obbligati a vivere e a non avere possibilità di scelta. Bisogna esser(ci)e nel presente, assorbire il carico di una vita futura e gestire il peso di quella passata.
Vivere è diventato eterno e obbligatorio.
Siamo tutti Cristiani?
Galimberti l'ha già detto. Non possiamo semplicemente non essere, noi dobbiamo essere per sempre, anche quando non saremo più. Senza la volontà, sottratta senza alcun impegno, prendiamo parte ad un apatico gioco infinito. Non ci sono squadre né punteggi, nessuno si diverte per davvero, qualcuno ricorda e allora il gioco continua. Restiamo incompleti anche trovando le due metà complementari, restiamo vuoti anche quando siamo pieni d'affetto, restiamo eterni anche con l'orologio nuovo.
Morire non basta, hanno tolto anche alla morte il suo senso.

"ciò per cui una cosa è quel che è"
Aristotele


mercoledì 12 giugno 2013

Non sto bene dal 1988

È ora di finire il tempo dei piccoli cambiamenti.
Stancano,
stufano,
annoiano e non servono a niente.
Ci sono troppe cose contro cui combattere, troppe poche risorse utili per farlo e troppe avversità che richiedono movimenti inumani.
Trovati da solo, in un buco illuminato dalla notte e ripeti: Oggi vedo nero e dovrei non avere occhi.
Lascia andare tutto e non spostarti per nessuna ragione.
Cambia restando immobile, comprendi quanto sei davvero inutile. È sempre troppo facile sopravvalutarsi.
Brividi da nervoso e lo stomaco prende vita. Il nero avvolge anche l'ultima speranza appoggiandola delicatamente sul terreno e ne spreme le intenzioni.
Non sono destinato a cambiare, rimanere immobile è un mutamento di per sé troppo importante.
Trovati da solo, in un buco illuminato dalla notte e ripeti: Oggi vedo nero e dovrei non avere occhi.
Prendi quelli che hai e strappali.